Al Movimento NO-F35 del
novarese e al Comitato NO-M346 del Varesotto
Nell’ottobre dello scorso anno le
Donne in Nero di Varese e la Rete italiana Donne in nero hanno aderito alla
manifestazione “No M346 a Israele” e
ora abbiamo ricevuto la vostra proposta di costituire un “FORUM contro la
guerra” e il vostro invito a partecipare al convegno di studio “Armi, guerre,
territorio” che si terrà l’1 e il 2 giugno a Venegono superiore.
Siamo molto contente che stiate
facendo questo lavoro così impegnativo, tanto più difficile in questo periodo.
Ve ne ringraziamo, e al tempo stesso riteniamo opportuno esporvi alcune nostre
considerazioni.
In un incontro nazionale della rete
delle Donne in Nero, tenutosi a Roma il 6-7 aprile, molte hanno detto di avere
intenzione di partecipare al convegno dell’1-2 giugno, ma hanno anche espresso
riserve sull’impostazione del Documento di lancio e della proposta di
contenuti, tutti “neutri”: cioè insensibile al fatto che esistono donne e
uomini e che non è opportuno appiattirle/i in un universo indistinto. Abbiamo
quindi concordato di farvi conoscere fin d’ora le nostre riflessioni, perché
già nel percorso che porterà a Venegono possa avvenire quel “confronto fra
concezioni e visioni diverse, in un clima di fiducia, senza nascondere le
eventuali differenze” di cui parla il documento a p. 3.
Condividiamo l’intenzione che nel
confronto si esprimano – e si ascoltino reciprocamente – “visioni diverse”.
Proprio perciò ci pare necessario tener conto del fatto che i “contenuti” non
sono astrattamente oggettivi, ma profondamente segnati dalla soggettività e dal
punto di vista di chi li formula. Per noi non si può prescindere dalla
differenza tra i modi di viversi e di essere percepite/i come donne e come
uomini; sono costruzioni storiche e culturali, processi di lungo periodo che in
particolare hanno fatto sì che per le une e gli altri siano stati e siano
diversi i rapporti prevalenti con il militarismo, le armi, le guerre.
Per quanto ci riguarda come Donne in
Nero, la nostra rete è nata alla fine degli anni ’80 da un piccolo gruppo di
ebree israeliane che scesero in strada contro l’occupazione dei Territori
Palestinesi da parte del loro stato. A fondamento della protesta c’era la
volontà di manifestare il rifiuto della logica del nazionalismo militarista,
della divisione insuperabile tra “noi” e “loro”; nel decennio successivo,
specie attraverso l’impegno di pensiero e di azione del gruppo di Donne in Nero
che si era formato a Belgrado, divenne sempre più intensa la consapevolezza del
legame costitutivo tra il nazionalismo e il patriarcato, tra l’uso della
violenza e il disconoscimento e l’inferiorizzazione dell’altro-da-sé: modalità
che hanno pervaso e pervadono le relazioni gerarchiche e di dominio su cui le
varie società hanno fondato il rapporto uomo-donna e i ruoli femminili e
maschili.
E’ per queste ragioni, qui appena
sommariamente abbozzate, che consideriamo importante che su “armi, guerre,
territorio” ci si confronti tenendo presente quanto profondamente vi sia
implicato il maschilismo tradizionale: consideriamo necessario porsene il
problema perché donne e uomini escano dalla prospettiva bellicosa per cui è il
più forte che vince e lavorino per una trasformazione radicale delle culture.
Non dubitiamo che tra “i relatori”
(nominati a p. 5 del “Documento di lancio”) si sottintenda che verranno
invitate donne e uomini, ma ciò che ci preme è che nel convegno siano presenti
sguardi attenti a come le differenze di genere interagiscono con la
smilitarizzazione delle menti e delle pratiche di vita; non pensiamo che questo
lo debbano o possano fare soltanto donne: anzi, ci pare che vada dato spazio a
quanti stanno scavando nelle concezioni del maschile entro cui essi stessi si
sono formati, per contribuire a smontare le millenarie pulsioni al dominio e
alla violenza che vi sono state impresse.
Per rendere più concreto che cosa
intendiamo, facciamo un esempio: a p. 2 del documento c’è una considerazione –
sulla “alta spesa militare, ovunque pagata dai cittadini attraverso i tagli
alle spese sociali” – certamente condivisibile, purché però nell’insieme dei
“cittadini” si badi all’esistenza delle cittadine e le si veda nella loro
condizione di principali – spesso uniche – erogatrici di quel lavoro di cura su
cui si regge il tessuto sociale e che diventa sempre più gravoso con
l’appesantirsi dei tagli.
Inoltre ci sembra che ciascuna e
ciascuno di noi dovrebbe fare ogni sforzo per smilitarizzare il proprio
linguaggio, quando è manifestamente espressione di quella cultura bellicosa che
vogliamo disarmare, come per la parola “strategie”. Per ragioni analoghe ci
pare del tutto inopportuno che si parli di cittadini, lavoratori, relatori... ,
tanto più che l’invito a partecipare è invece rivolto a “tutti/e”. Il
linguaggio esprime e veicola mentalità e culture; a nostro parere, usare il
maschile come onnicomprensivo si porta dentro la cancellazione delle donne dai
soggetti che contano.
Per queste ragioni desideriamo farvi
alcune proposte. Ad esempio, rispetto alla “riconversione in senso pacifico
delle produzioni” belliche, siamo totalmente d'accordo sulla necessità di “non
mettersi in conflitto con l'interesse vitale e immediato dei lavoratori del
settore” e ne siamo tanto più convinte nell'attuale drammatica situazione di
perdita del lavoro e di povertà. Su
questo tema vorremmo confrontarci tenendo conto di quali siano i lavori cui va
dato valore prioritario: anziché alla “produzione” di oggetti – e tanto più di
armi – alla dimensione della “cura” già citata sopra.
Vorremmo proporre anche di parlare di
esperienze di gruppi e reti di donne pacifiste, nonviolente, femministe
antimilitariste. Esperienze che includono numerosi casi di partecipazione a
iniziative miste perché è nella realtà concreta di un mondo fatto di donne e di
uomini che ci preme portare il contributo delle nostre specificità.
Infine, ci riconosciamo
nell’intenzione, che l’invito dichiara a p. 1, di voler cercare “denominatori
comuni su cui fondare azioni più condivise ed efficaci” e nella sollecitazione,
espressa nel Documento a p. 3, a entrare in rapporto tra realtà diverse non per
imporsi “con mire egemoniche” ma per affiancarsi e lavorare insieme. La
prospettiva di un confronto sensibile alle differenze a nostro parere significa
anche aprirsi a nuove opportunità di arricchire il proprio punto di vista e
cogliere quanto sia continuamente
necessario misurarsi con la pluralità delle alternative lungo cui si può
camminare.
6
maggio 2013
La
rete nazionale delle Donne in Nero
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Care
Amiche,
Vi
ringraziamo per il vostro contributo in vista dell'incontro di Venegono di
inizio giugno.
Stiamo
cominciando un percorso faticoso, che sarà difficile proseguire senza un vero
allargamento di contributi diversi e variegati.
Concordiamo
con i rilievi che fate al documento.
Chiediamo
qualche attenuante riguardo al lessico leggermente sessista. È comunque vero
che, a dar tutto sottinteso, magari si dà eccessiva fiducia alla capacità di
comprensione di chi non è ancora libero da pregiudizi.
Cercheremo
di stare attenti nella stesura dei prossimi documenti; e speriamo che voi ci
possiate essere d'aiuto.
Quanto
al resto: se ne discuterà appunto nelle due giornate di incontro. Una
discussione che speriamo possa essere aperta, sincera, senza pregiudizi. Una
discussione nella quale anche posizioni apparentemente distanti possano poi
comunque trovare una sintesi in vista dell'obiettivo superiore che ci
proponiamo: il contrasto delle guerre e delle strutture sociali gerarchiche (e
patriarcali) che le generano e che le rendono funzionali allo sfruttamento di
chi è più debole.
Vi
chiediamo se possiamo inserire il vostro testo nel blog di riferimento
dell'incontro di Venegono, così che possa essere letto ed apprezzato da tutti.
Vi
chiediamo infine se possiamo considerare la vostra associazione come aderente
ufficiale all'iniziativa in questione e se parteciperete alle due giornate. In
particolare sarà molto interessante discutere con voi in occasione
dell'incontro dei movimenti e delle realtà locali in lotta che si terrà nella
mattinata di domenica 2 giugno.
Un
saluto affettuoso ed un arrivederci a Venegono.
Movimento No F-35 del
novarese - Comitato No M-346 del
varesotto