Informazione e guerra: guardando il mondo da Venegono
È cominciato nella mattinata di
sabato 7 dicembre l’incontro organizzato dal Forum contro la guerra al
Castello dei Comboniani di Venegono Superiore e dedicato al tema
“Informazione e guerra”, un tema centrale per le pratiche e la teoria
del movimento pacifista.
L’incontro si è avviato davanti a un
pubblico non troppo numeroso, che si è andato però via via infoltendo
nel corso della mattina, fin quasi a riempire l’austera sala del
Castello di Venegono Superiore, splendida casa dei missionari Comboniani
e sede del Forum contro la guerra. Tra il pubblico era anche presente,
salutato da un affettuoso applauso, Luigi Bettazzi, vescovo emerito di
Ivrea e storico esponente del pacifismo cattolico.
Dopo i saluti di padre Massimo dei
Comboniani, che ha anche letto un messaggio pervenuto da Alex Zanotelli
con un accorato appello per la costituzione di un vero coordinamento
nazionale tra tutte le associazioni e i movimenti che si oppongono alla
guerra, i lavori hanno preso avvio con l’intervento di Raffaello Zordan,
giornalista di “Nigrizia”. Il suo intervento, più ancora che all’Africa
– com’era nelle intenzioni del titolo – è stato dedicato a una
riflessione sul ruolo dell’informazione in generale, mettendo avanti
l’esigenza di andare oltre la notizia spicciola, per raccontare
antefatti e contesto; ha quindi parlato anche di Africa (per esempio
ricordando come una maggiore attenzione da parte dell’Unione Africana
avrebbe potuto prevenire l’intervento armato della Francia in Mali), ma
anche delle campagne pacifiste in Italia, come quella sulle “banche
armate” promossa anni fa anche da “Nigrizia”. A questo proposito ha
ricordato come – per non lasciare cadere l’argomento – la rivista
interpellò dopo qualche anno tutte le 255 diocesi italiane per
verificare come si comportassero nei confronti delle banche, appunto.
Dopo ben tre solleciti, solo 4 diocesi risposero e solo una in realtà
manifestando interessamento per le motivazioni della campagna!
Marinella Carreggia, eco-attivista,
giornalista e scrittrice, ha messo al centro del suo intervento il ruolo
fondamentale della disinformazione e della disattenzione nella gestione
mediatica delle guerre. È quello che lei ha definito come “il poligono
di tiro del ‘bene’”, cioè una sorta di circuito in cui l’obiettivo è
quello di far continuare le guerre, anche oltre la loro fine ufficiale. A
tale “poligono” partecipano non solo gli stati belligeranti, ma anche
alcune ong – assai superficiali e disattente nella gestione delle
informazioni (in più di un caso ong, riconosciute per il loro
encomiabile lavoro a sostegno dei diritti umani, si sono dovute scusare
a distanza di tempo per vistosi abbagli riguardo la situazione di
guerra di molti paesi…) – e soprattutto il mondo del web, oggi
considerato fonte insostituibile di testimonianze “in tempo reale” e “in
presa diretta” dai focolai di tensione, ma purtroppo molto spesso anche
fonte di vere e proprie campagne di disinformazione o quantomeno di
orientamento dell’opinione pubblica. “Noi non siamo ancora
sufficientemente vaccinati contro la propaganda”, ha sottolineato la
relatrice, e ha anche ricordato che la lotta contro la guerra va
condotta a tutti i livelli, compresi quelli economici, che molto spesso
sono altrettanto efficaci di quelli politici (il che non vuol dire
applicare feroci embarghi ai paesi sgraditi, ma vuol dire far uso delle
sanzioni e del boicottaggio da parte delle popolazioni).
Paolo Borgognone, giovane ricercatore e
memebro del Centro per le iniziative per la Verità e la Giustizia, ha
tenuto una ricca (e forse fin troppo forbita) relazione sulla cultura
giovanile “nella prospettiva di una società virtualizzata”. In sostanza,
il controllo sociale si applica in funzione di una società di
consumatori, e ciò si riverbera in giovani generazioni sostanzialmente
ignare della storia e genericamente obbedienti alle esigenze
commerciali. Da questo punto di vista la esponenziale importanza del
“mondo virtuale” (internet compresa) è perfettamente omologata a questo
modello di società.
Dopo una pausa “di alleggerimento” – come
è stata definita – con la presentazione dei due primi clip video della
campagna contro gli F 35, la mattinata si è conclusa con due ulteriori
interventi.
Nanni Salio, del Centro Studi Sereno
Regis di Torino, ha messo al centro del suo intervento su “Verità e
guerra” tre punti. Il primo: la guerra è una bugia; nasce dalla
manipolazione dell’informazione; e allora la domanda è “perché
continuiamo a crederci?”. Da questa domanda deriva il secondo punto: che
cosa non sappiamo? Il vero problema è che tutte le persone che si
oppongono alla guerra non riescono ad essere efficaci contro il
complesso militare-industriale-scientifico-mediatico al servizio della
guerra; c’è un problema di capacita interpretativa, nel non riuscire a
identificare gli snodi fondamentali della filiera che produce armi e
guerra. Quindi il pacifismo cerca di intervenire solo a cose fatte: non
quando si comincia a progettare i droni, ma solo quando questi sono in
grado di operare e di seminare morte; inoltre il pacifismo non è ancora
in grado di proporre soluzioni concrete di gestione non bellica dei
conflitti. “Non basta la denuncia” ha ricordato Salio, “bisogna anche
saper dire cosa fare”. Il terzo punto attiene perciò al “che fare?” A
fronte di un movimento per la pace ancora magmatico e poco organizzato,
bisogna riuscire a mettere in campo una “logistica di pace”, realtà in
grado di finanziarsi, di svolgere un lavoro analitico continuativo e
quindi di operare concretamente. La proposta – minima ma praticabile – è
quella di autotassarsi di un euro al giorno.
L’ultimo intervento è stato quello via
web di Maria Elena Delia (bloccata da un incidente alla caviglia) con un
intenso ricordo del lavoro di Vittorio Arrigoni e una profonda
riflessione sul ruolo della testimonianza partecipata in contesti di
guerra, come quello di Gaza sotto i bombardamenti israeliani
dell’operazione Piombo fuso.
Moltissima carne al fuoco (ma qualcuna,
dal pubblico, ha corretto “verdura al fuoco!”) per una discussione assai
impegnativa ma essenziale per il futuro non solo del movimento per la
pace, ma soprattutto della società nel suo complesso. [Fabio Cani, ecoinformazioni]
FONTE: